Intervista a Federico Cannata


di Nicolò Occhipinti

Nelle sue fotografie di moda, i colori caldi, pieni di luce e i contrasti della sua amata Sicilia. La capacità di sfruttare le peculiarità della sua terra per differenziarsi, superando la distanza che lo separa dalle capitali della moda grazie a internet.

Che cosa rappresenta la fotografia nella vita di Federico Cannata?
La fotografia come tutta l’arte è stata da sempre mia compagna di avventura. Non ti nascondo che la fotografia rappresenta un pretesto per andare avanti, migliorarsi, per crescere, per mantenersi “vivi”. Immagino la fotografia come uno spazio onirico a forma di isola dove poter esprimere ad alta voce dei pensieri definiti e astratti, un luogo pieno di finestre spalancate per far circolare il vento delle idee.

Come hai cominciato?
Ho scoperto a fotografia al liceo artistico durante una lezione di scultura. Grazie a un professore che ci stava spiegando come catalogare e archiviare le proprie opere una volta finite. Ricordo che ci venne consegnata una reflex e iniziammo a fotografare le sculture realizzate durante l’anno. Nel momento in cui presi fra le mani la macchina fotografica qualcosa dentro di me cambiò, capii subito che era qualcosa di magico e allo stesso tempo intrigante perché ancora sconosciuto.
Uscito da scuola, nel pomeriggio, presi la macchina fotografica di mio fratello, una vecchissima compatta da 10 Megapixel, uscii fuori e iniziai a fotografare il mio quartiere, tutto ciò che lo caratterizzava e le persone che vi abitavano: ero semplicemente felice. Potevo finalmente catturare l’attimo e intrappolare su un sensore un’emozione, quello che fin da allora non riuscivo a concretizzare nel dipingere una tela perché il processo di creazione era troppo lungo.

I contrasti e i colori delle tue foto rispecchiano la solarità dei luoghi in cui sei nato e vivi. Quali vantaggi ti ha offerto la Sicilia nello tua carriera?
Da buon siciliano ho un rapporto di amore e odio con la mia terra. La Sicilia è una terra magnifica, unica nel suo genere, è come un piccolo continente fatto di contrasti e bellezza. Ma questo grande amore che ho per lei a volte non è ricambiato e questo bel sentimento si può trasformare in odio profondo, che ti costringe a fuggire e a non farne più ritorno.
Per quanto mi riguarda, la Sicilia fa parte del mio essere e del mio modo di fare fotografia. Qui tutto è fonte continua d’ispirazione: la campagna, le architetture, i colori del cielo, la passionalità delle persone, il modo di vivere. La Sicilia mi ha permesso di differenziarmi in un mare pieno di fotografi e artisti: nel bene o nel male la mia terra offre un concetto diverso, a volte fuori dal comune, scontato per chi vive qui, nuovo per chi arriva da altri contesti. Così ho deciso che attraverso i miei scatti posso anche far veicolare quello che mi circonda: una Sicilia da esportare.

E quali svantaggi?
Fare fotografia di moda in Sicilia è molto difficile, ma non impossibile. Senza ombra di dubbio mancano la rete di contatti, le persone, le grandi case di moda, le mostre internazionali, come potrebbe essere in una città come Milano. La vera rivoluzione sta in noi giovani che abbiamo deciso di rimanere dove siamo nati e che anche grazie alla rete e ai social oggi possiamo raggiungere il mondo rimanendo seduti nel nostro lab: c’è sete e voglia di vivere la Sicilia anche oltre oceano.

Parlaci della tua tecnica. Come pianifichi e realizzi i tuoi servizi?
Il mio processo creativo che ha come fine la messa in opera di un progetto o di un singolo scatto è molto lento e può essere diviso in tre parti. Il primo passo, il più importante, è quello di avere le idee chiare su quello che si vuole comunicare e quindi sulla tematica che voglio sviluppare. Il secondo momento è caratterizzato da un’intensa ricerca iconografica, fatta da un vero e proprio collage di ritagli di riviste, immagini prelevate da internet e magazine, frammenti di stoffe, scarti di vari materiali e frasi estrapolate dai libri. Nella terza fase, che io amo chiamare la fase dell’ascolto, mi interrogo, mi chiedo se quello che ho ricercato mi appartiene, mi domando come posso far emergere il mio stile, se la ricerca è coerente con il mio modo di vedere le cose. Questo personale processo mi aiuta ad arrivare con più facilità al momento dello scatto finale, l’attimo più emozionate fra tutti.

Che tipo e schemi di illuminazione usi maggiormente?
Quasi tutti i miei lavori di moda sono realizzati di giorno, in piena luce, il sole è il mio principale corpo illuminante, le fotografie fatte di notte, con l’uso di luci particolari e flash non fa parte del mio background, non rappresente­rebbe la mia fotografia. Posso quindi affermare di non avere uno schema di illuminazione preferito, ogni volta cambia in base appunto al mood da sviluppare, alle giornate e alle ore in cui realizzo il servizio. Per fortuna in Sicilia abbiamo il sole più bello e cocente per gran parte dell’anno, le mie foto nascono proprio da lì.

A quali maestri ti ispiri maggiormente?
I fotografi che ammiro sono tantissimi. Dico sempre che bisogna guardare e “studiare” gli altri in quello che fanno e come lo fanno. Nel campo della fotografia di moda seguo i progetti di Tim Walker, Steven Klein, Richard Avedon, Herb Ritts e Nick Knight; ho decine di cartelle con i loro scatti e continuamente li rivedo perché ne sono innamorato follemente.

Quali criteri adotti per la selezione delle modelle?
Per le campagne pubblicitarie la modella viene scelta insieme al cliente, in modo che rispecchi le caratteristiche della maison, che sia coerente col messaggio da comunicare o con lo spirito di una collezione. Per i miei progetti personali, invece, mi piace lavorare con modelle/i che provengono da altri contesti, lontani dalla moda. Decido chi sarà la mia futura musa individuandola nei posti più disparati, al supermercato, in piazza, in un locale, persino la domenica in chiesa. In linea generale non ho dei canoni di bellezza prefissati, il bello per fortuna è molto personale, sicuramente prima dello shooting con la mia modella/o nasce un’amicizia e quindi un’intesa, elementi fondamentali per una buona foto.

Quale lavoro ricordi con maggior piacere?
Uno dei lavori di moda più belli che ultimante ho realizzato è quello che ha per titolo “THE FLAM (inganni di luce)” presentato a Milano durante il Salone del mobile. È stato un lavoro molto lungo, di circa 5 anni che si è evoluto nel tempo in una maniera straordinaria, partito quasi per sbaglio, e ora esposto nelle gallerie. Il progetto è quello fotografare accessori, scarpe, borse, cappotti, gonne attraverso un gioco di specchi in modo da poter dare vita a delle figure oniriche, mostruose, animalesche, impensabili, che tendono all’astrazione fotografati rigorosamente in bianco e nero. L’intento è quello di lasciare grande libertà di interpretazione all’osservatore, che darà un proprio significato alle foto sicuramente diverso da quello degli altri.

Qual è il tuo sogno nel cassetto?
Mi definisco un sognatore-esteta. Vivo di sogni per i sogni e per questo ne coltivo tanti. Alcuni si sono avverati in questi anni, altri si devono concretizzare ancora. Mi piacerebbe molto lavorare nel team di una rivista di moda nazionale, magari nelle produzioni di editoriali di fashion e beauty in giro per il mondo. Sogno anche di lavorare a una mia prima personale, una mostra di sole foto di moda, itinerante, iniziando dalla mia città, Modica. E infine sogno l’America, New York City. Ho più volte collaborato con delle riviste di moda della grande mela, ma vorrei andare a visitarla, lasciandomi ispirare e rivoluzionare da questa metropoli. E poi sogno, sogno, sogno…

LEGGI L’INTERVISTA COMPLETA SUL N. 12/2017 DI RIMLIGHT MODELS & PHOTOGRAPHERS MAGAZINE handright-22