Isidoro Casteltrione


di Nicolò Occhipinti

Da fotografo di matrimonio a ritrattista, le foto di Isidoro Casteltrione raccontano persone fuori dagli schemi, le loro storie ed emozioni con una grande attenzione ai dettagli e all’illuminazione.

Quando hai iniziato a fotografare e perché?
Il mondo della fotografia mi affascina da sempre. La macchina fotografica è per me un mezzo attraverso il quale capire e interpretare la realtà che mi circonda: paesaggi, persone, atmosfere, cibo, sentimenti ed emozioni persi e nascosti in qualche scorcio di quotidianità. È tuttavia dal 2014, l’anno in cui ho fotografato il primo matrimonio, che ho cominciato a dedicarmi con costanza e metodo a questa passione.

Perché hai scelto la ritrattistica come tuo genere principale?
Lo preferisco perché sono fortemente attratto dalle persone, dalle loro storie, dalle più disparate esperienze di vita e sono un curioso osservatore dell’animo umano. Adoro i personaggi fuori dagli schemi, quelle persone così particolari con le quali non si corre mai il rischio di annoiarsi: amo catturare tutto questo nei volti dei soggetti che fotografo. Talvolta però mi piace anche prendere in prestito la loro espressività per vestirli di ruoli immaginari, per dar vita a particolari suggestioni che appartengono alla mia visione fotografica.

Come hai imparato la tecnica?
Sono completamente autodidatta, ho cominciato ad apprendere i principi della fotografia da alcuni buoni libri e poi ho approfondito su internet argomenti più specifici come le tecniche e le regole dell’illuminazione in studio, la composizione, l’utilizzo della luce naturale in esterni. Molto importante è stato anche l’apprendimento di diverse tecniche di postproduzione: le ho sperimentate tutte di persona e poi con l’esperienza ho selezionato quelle che più si addicevano al mio modo di fotografare e di lavorare, creando così il mio flusso di lavoro.

Quali sono i maestri cui ti ispiri?
Vorrei avere la creatività di Elliott Erwitt, il coraggio di Capa e la visione di Koudelka: questi sono i Maestri della fotografia che mi affascinano da sempre. Sebbene la ritrattistica abbia a che fare solo marginalmente con il loro genere, ritengo che i grandi fotografi del passato e il loro modo di approcciarsi alla fotografia possano essere di esempio ancora oggi. Trovo ispirazione anche nei fotografi del nostro tempo come Gabe McClintock, Giampaolo Sgura, Alessio Albi, Marta Bevacqua.

Da cosa trai spunto per i tuoi lavori?
Da tutto, anche dalle cose più inaspettate. Osservo sempre il mondo come se fosse un grande studio fotografico: annoto idee, oggetti, situazioni e stati d’animo che possono trasformarsi in qualcosa di fotograficamente interessante. Poi sviluppo il concetto, preparo la moodboard e la condivido con le persone che ho deciso di coinvolgere nel progetto.

Come individui e selezioni le tue modelle?
Inizialmente collaboravo con modelle selezionate sui social, lasciandomi ispirare dal soggetto che sceglievo per arrivare all’espressione di un’idea. Oggi lavoro un po’ al contrario: spesso parto da un progetto ben preciso e mi affido alle agenzie di moda che mi mettono a disposizione diverse modelle tra le quali posso scegliere quella che reputo più adatta.

Hai iniziato fotografando matrimoni. Cosa ti attrae di più e cosa ti piace di meno della fotografia di cerimonia rispetto alla ritrattistica?
Sicuramente nella fotografia di cerimonia si vivono e si catturano emozioni forti, ed essere testimone di un giorno così speciale nella vita di queste coppie è per me un privilegio. Di contro i tempi molto stretti e la necessità delle foto di rito riducono spesso la possibilità di manifestare al massimo la creatività. Nella ritrattistica invece sono io a dettare i tempi e sento di potermi esprimere al meglio. Ci sono però alcuni aspetti comuni tra i due tipi di fotografia: sopralluogo delle location, preparazione di strategie alternative, attrezzatura di backup… Un buon fotografo deve sempre prevedere l’emergenza!

Che tipo di illuminazione utilizzi maggiormente?
Utilizzo sia la luce naturale, sia quella artificiale. Ho sperimentato tutti i possibili modificatori di luce e i setup più complessi ma la mia configurazione preferita è sempre quella più semplice: un singolo flash montato su un octabox molto largo. Discorso a parte per la ring light: è una fonte di luce molto particolare, che esalta i toni della pelle e gli occhi chiari. Anche quando organizzo una sessione fotografica all’aperto, cerco sempre di ritagliarmi lo spazio per utilizzarla in qualche scatto.
Nell’ultimo anno sto lavorando molto di più in esterna usando solo la luce naturale a disposizione, dato che non amo mischiare i due tipi di illuminazione. Rispetto alla staticità dello studio si introduce il fattore meteo e la ricerca dell’orario migliore per la luce, due aspetti che rendono questo tipo di shooting più complesso e interessante da gestire.

Dici di non essere fotografo professionista. Di cosa ti occupi principalmente nella vita?
Lavoro come ingegnere informatico, nel campo dell’automazione industriale.
Mi impegno tuttavia con passione nella fotografia perché un giorno possa diventare la mia occupazione principale.

Che strumenti utilizzi per promuovere i tuoi lavori?
In generale mi appoggio a tutti i social, ma ho puntato maggiormente su Instagram perché garantiva maggiore visibilità. Oggi la situazione è cambiata, ma la miglior vetrina resta sempre quella che si ottiene cercando di mantenere un’altissima qualità dei propri lavori: con serietà e professionalità si viene sempre ripagati.

Progetti per il futuro?
Cercare di migliorare sia tecnicamente, sia in termini di visione creativa. Ho intenzione di farlo sviluppando alcuni progetti più complessi del solito, che richiedono una preparazione certosina. Ho inoltre intenzione di organizzare una serie di incontri tra fotografi volti allo scambio di idee, opinioni e consigli per migliorare il proprio livello tecnico, perché credo che la condivisione e il confronto siano il volano per nuovi stimoli fotografici. Se si è circondati da persone creative e fotograficamente interessanti si è in un certo modo incoraggiati e spinti a fare sempre meglio, ed è un circolo virtuoso che fa bene a tutti.

LEGGI L’INTERVISTA COMPLETA SUL N. 12/2017 DI RIMLIGHT MODELS & PHOTOGRAPHERS MAGAZINE handright-22