Intervista a Gabriele Ardemagni


di Nicolò Occhipinti

“Il mio leit-motiv? La mia foto più bella l’ho fatta domani.” Fotografo milanese, eclettico, a suo dire “ancora acerbo” nonostante i tanti anni di esperienza e professionalità ad alti livelli. Perché dice che non si finisce mai di imparare.

 

Influenzato, fin da piccolo, da una famiglia che ha sempre coltivato l’arte in tutte le sue forme, grafico e fumettista, si è avvicinato al mondo del ritratto fotografico solo a 30 anni. Ha sempre puntato tutto sulla sua formazione e sull’emozione che gli provoca ciò che lo circonda. “Ci si ritrova a fare le foto migliori quando le uniche motivazioni sono quelle di spingere se stessi.”

Quando hai cominciato a trasformare la passione per la fotografia in professione? Raccontaci le prime esperienze.
Mi sono avvicinato alla fotografia grazie a mio padre, un artigiano a 360°: aveva sempre con sé la macchina fotografica a pellicola e fin da bambino mi spiegava come inquadrare e come non essere mai banale nella costruzione delle foto.
Il Liceo Artistico e i quattro anni di Scuola del Fumetto poi hanno dato il via alla mia effettiva formazione: di fatto ero diventato grafico pubblicitario e fumettista, ma continuavo a scattare foto, per lo più paesaggistiche.
Gli studi da fumettista mi hanno insegnato a conoscere bene i movimenti del corpo umano e a saperlo ritrarre, e lo studio dell’Architettura mi ha fatto amare le prospettive e le geometrie. Ciò mi ha spinto a 30 anni a iniziare a fotografare la figura umana inserendola in contesti più dinamici.

Ti occupi di fashion, glamour, reportage, foto pubblicitaria, food… ma qual è il genere che prediligi?
Non saprei, per un fotografo eclettico tutti i soggetti sono degni di essere immortalati altrimenti non sprecherei il “clic”. Posso dirvi che fotografare una top model internazionale, come mi é capitato di recente, é una bellissima soddisfazione e il sogno di tantissimi. Allo stesso modo ho trovato emozionante tre anni fa mi trovarmi all’alba avvolto nelle nubi sul Machu Picchu, in attesa che si rivelasse al mio obiettivo quel luogo incantato.
Riguardo alla foto di moda, sono sempre stato un amante assoluto della fotografia street e della street fashion: è uno stile che mi si addice, trovo che creare armonia tra un corpo ed un abito in movimento, immersi nelle architetture geometriche di una città, sia sempre una bella sfida. Un genere che mi piace molto poi è il reportage, perché mi piace raccontare le storie che vivo. Questo è per me il vero significato della fotografia: viaggiare e portare a casa emozioni fotografate.

Come hai sviluppato tecnica e stile?
Studio e gavetta, tanta gavetta: é essenziale per una professione creativa come questa!
A scuola mi hanno insegnato che prima di inventare e sperimentare bisogna conoscere e saper rifare quanto già inventato.
Lo stile è essenziale, ma solo dopo avere affinato la tecnica. E non è mai abbastanza quanto appreso, è proprio vero che non si smette mai di imparare.
Quali sono i fotografi cui ti ispiri maggiormente?
Potrei rispondere tutti e nessuno, semplicemente perché non mi piace essere influenzato.
Diciamo che mi ispiro di più ai pittori che ho studiato e visto nei musei e nelle mostre sia per diletto, sia per lavoro. Di recente in Svizzera ho avuto occasione di vedere dal vivo e fotografare, con permessi speciali, le mostre di Gauguin e Renoir: ecco, quelle tele mi hanno veramente segnato in positivo.

Ci racconti come normalmente si svolge il tuo processo creativo?
Il processo creativo cambia in base al genere che sto affrontando. Ci sono casi nei quali non si ha il tempo di poter pianificare, come nel reportage: in questi casi estrai la macchina fotografica col 50 mm e scatti non appena vedi qualcosa che ti colpisce o che sta accadendo in quel momento. Potendo preparare invece lo scatto, come nel caso delle foto di moda, allora si comincia con la scelta del soggetto, della location e del mood, dello staff e fai in modo che tutto vada per il meglio. Io sul set arrivo per primo e vado via per ultimo. Purtroppo, molti altri professionisti sembra che passino dal set solo per scattare quanto impostato da altri; io amo invece decidere cosa scattare, altrimenti sarebbe finita per me, a quel punto preferirei timbrare un cartellino! Può capitare che ti assegnino lavori dove tutto è già “impachettato”: in questi casi l’esperienza “della strada” ti aiuta oltre ogni immaginazione: riuscire ad improvvisare per rendere al meglio è la dote che tutti dovrebbero coltivare nel proprio modo di lavorare.

Che tipo di illuminazione e schemi utilizzi più spesso?
Premetto che, qualsiasi genere io tratti, la mia preferenza è la luce naturale o d’ambiente, nel caso di interni. Quando il clima o l’orario non permettono questo tipo di illuminazione, passo alle luci continue: ho sempre usato lampade fluorescenti e neon, ma ultimamente sto utilizzando un kit di mini pannelli a led potentissimi, dimmerabili e soprattutto portatilissimi, minimo ingombro e tanta resa. Li uso spesso negli scatti glamour e di moda, in interni o appartamenti: la percezione è quella di una luce diffusa e naturale. In studio ci sto meno volentieri per vocazione, ma se scatto lì utilizzo schemi sia classici che schemi miei, sviluppati negli anni. Mi piace più ottenere risultati con le ombre che con le luci, anche se nel mio studio ho fatto realizzare un “lightwall” che mi dà il risultato contrario, una sorta di Yin e Yang della mia fotografia.

Come individui e selezioni modelle e modelli?
Parlando di fashion e glamour prima c’è da considerare se è un mio progetto, se ho un committente, a chi sono destinate le foto ecc… Individuati questi aspetti, ho già una preselezione distinta: per la moda, vivendo e lavorando a Milano ho a disposizione le migliori model agency; per il glamour, dipende se la richiesta è di eleganza o prorompenza: per le prime ricorro sempre alle agenzie, per le seconde invece cerco più sui social, dove puoi trovare ragazze che non hanno le misure per entrare nella moda ma che invece hanno una bellezza adatta al genere glamour.
Per l’uomo il mercato è sempre più difficile, c’è meno richiesta, ma non per questo snobbo il genere, anzi: le statue classiche rappresentano più il corpo maschile di quello femminile.

Parliamo degli aspetti di business: quale genere di fotografia è per te più profittevole e quale ti dà più soddisfazioni?
Questo è un tasto dolente. Il business attiva un meccanismo secondo il quale quello che ti piace fare non rende tanto quanto quello che invece ha meno arte e poesia!
Tutto ciò che è commerciale a noi fotografi non sempre piace, ma è un compromesso necessario per poter continuare su questa strada. Salvo rari guru della fotografia, siamo tutti nello stesso “girone dantesco”, siamo tutti costretti a scattare all’infinito. Personalmente traggo sod­disfazione da tutti i generi ma in testa c’è di sicuro il reportage.

Lavori soprattutto per agenzie? Come ottieni nuovi incarichi?
Il committente può essere il singolo individuo, un’azienda o un’agenzia che lavora per i primi due. Anche al tempo dei social, sempre più frenetici ed invadenti, il miglior biglietto da visita è il passaparola. Può anche capitare che piaccia il mio stile, dal mio sito o dalla pagina facebook o perché ho scattato determinati personaggi, tutto fa parte di un disegno imprevedibile che è il mercato del terzo millennio.
Internet e i social media sono stati secondo te un bene o un male per il business della fotografia?
Un bene per la fotografia ma un male per il business ad essa legato! Un bene perché la fotografia è una forma d’arte, ed è giusto che tutti possano vederla; un male perché di ultimamente le fasi “gavetta-esperienza-background-formazione” sono sostituite da: “compri reflex – apri la pagina facebook come fotografo”.

Quali consigli daresti a chi volesse seguire le tue orme?
Non penso nessuno debba seguire le orme di un altro, tantomeno le mie: ritengo che la fotografia e l’arte racchiudano in loro qualcosa di estremamente personale, tutto dovrebbe nascere dalla propria formazione, che è essenziale. Personalmente mi ritengo acerbo ancora adesso: leggere di minorenni che “firmano” campagne advertising di grandi brand… penso non servano spiegazioni. A mio parere, per inserirsi nella professione occorre esercitarsi ogni giorno in ogni condizione, imparare ad usare la propria attrezzatura e non continuare a inseguire la novità del momento. Compratevi un 50ino e godetevi la vera fotografia!

LEGGI L’INTERVISTA COMPLETA SUL N. 8/2016 DI RIMLIGHT MODELS & PHOTOGRAPHERS MAGAZINE handright-22